lunedì 20 marzo 2017

La primavera tra popoli. Immigrazione. Leggi, regole e...civile convivenza




Buona settimana e...buona Primavera.

Lo dico salutando il mio sessantesimo inverno, sperando che la mia sessantunesima primavera mi permetta di conservare serenità ed allegria.

Non è facile, per nulla.
Leggere i giornali, guardare la televisione, camminare nella mia cittadina, Voghera, ti porta ad essere tutt'altro che sereno ed allegro.

Non riesco ad essere insensibile al degrado che l'immigrazione non gestita ha portato, anche nei piccoli centri di provincia.

Non sono mai stato e mai sarò razzista. Ho trascorso la mia vita viaggiando, specialmente nei Paesi da cui arrivano questi disperati: Marocco, Tunisia, Ghana, Senegal, Nigeria, Centro e Sud America.
Questi uomini, donne e bambini non possono essere scaricati come fosse merce avariata e lasciata li a consumare ulteriormente, giorno per giorno.

E' evidente che questi nostri compagni di viaggio non sono in grado di gestire la libertà che hanno pagato ad un prezzo altissimo, e noi non facciamo nulla di serio per aiutarli in questo.
Accoglierli non significa permettere di restare e basta.
Accoglierli non significa dare semplicemente un letto e un tetto.
Accoglierli non significa fare ciò che si sta facendo.

Accoglierli e costruire una civile convivenza significa, prima di tutto, spiegare loro come si muove la nostra civiltà, insegnare e far capire le nostre regole.

Mi spaventa vedere giovani immigrati ubriachi: non sono abituati all'alcol ( per loro vietato anche dalla religione). Somministrarlo nei bar, venderlo nei negozi e supermercati solo perché lo chiedono è follia. La legge impone di darlo? Cambiamo legge. Subito.

Mi spaventa vedere che sono liberi di chiedere danaro in ogni angolo della città. Qualcuno ha cominciato a dare soldi e loro pensano sia normale così.
No, non è normale. Non è la zakāt.
La zakāt è un obbligo prescritto dal Corano, e che ogni musulmano deve osservare per essere definito un vero credente. E' uno dei cinque pilastri dell'Islam.  Loro sanno benissimo che nella loro religione, la zakāt non è volontaria e non viene riscossa fuori dai bar o dai ristoranti. La zakāt viene prelevata "forzosamente" sul reddito.
Il nostro donare, più vicino al concetto di saddka, in questo caso non fa per nulla bene.

E i non musulmani? non cambia nulla. Se da noi ubriachezza molesta, accattonaggio e insulti sono vietati basta dirlo e che sia chiaro anche a loro.
Appena mettono piede sul nostro territorio.
Non dopo. Lo si faccia subito e. come recita il proverbio, patti chiari , amicizia lunga.
Difficile?

Vi racconto cosa mi è successo qualche anno fa negli U.S.A.
Mi trovavo a Brainerd, in Minnesota, per una gara di Superbike. Finito il mio lavoro in circuito, stavo tornando in hotel, alla marina di Pelican Lake. Traffico zero, e sulla mia Cadillac Brugham Sedan (era una goduria noleggiare auto grandi come pullman al costo di una pizza in Italia) avevo inserito il cruise per evitare di superare le 55 miglia/ora, il limite di velocità imposto sulla 371 (in pratica un'autostrada con un prato di 20 metri tra le doppie corsie nord e sud), ben consapevole dei guai che il superamento di tale limite comporta.
Unico altro mezzo avvistato un'ambulanza in senso opposto, che viaggiava a gran velocità. Penso a chi ha più problemi di me in quel momento ma, all'improvviso, si materializza nei miei specchietti un riverbero blu allarmante: la macchina dello sceriffo. Mi blocca con la scena che spesso si vede nei film. Metto le mani bene in vista sul volante e aspetto il suo ordine di scendere dall'auto. Arriva e, severo, mi chiede i documenti parlando un inglese/americano assolutamente incomprensibile. Mi sequestra il passaporto, una volta che sono riuscito a fargli capire dov'era e mi dice di seguirlo. Cella , si, cella di sicurezza nel suo ufficio e, quando finalmente decide di parlami chiarisce cosa avevo combinato: non avevo rallentato incrociando l'ambulanza. Gli spiego che purtroppo non lo ritenevo necessario e lui, arrabbiatissimo, mi dice che avevo deciso io di venire negli USA e, di conseguenza, ne dovevo conoscere tutte le leggi. Mi lascia andare dopo un'oretta trattenendo il passaporto e dandomi appuntamento per una birra al bar del The Marina, di fianco al mio hotel, per le sette di quella sera. Si presenta, puntualissimo, con un libro: era il codice della strada americano. " Amico mio, questo è per te. Studialo e non avrai più problemi nel nostro paese".
Da allora non ho più attenuanti per gli errori nella guida quando vado, e lo faccio spesso, negli U.S.A.

Ecco, basta dirlo.
Meglio prima.
Meglio ancora, subito.

Buona e serena primavera dal Mac.














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